Una corretta gestione del fabbisogno finanziario aziendale è un elemento chiave nel perseguimento della mission di tutte le imprese a prescindere dal mercato di riferimento e dalle dimensioni. Negli ultimi venti anni ci siamo abituati a vivere in un mondo nel quale bassi tassi d’interesse sono stati dati per assodati al punto da considerarli un elemento alla base della programmazione futura tanto delle persone fisiche quanto delle imprese. Tuttavia, il rialzo dell’inflazione nel 2021 (al 7.5% negli USA ed oltre il 5% in Europa[1]) sommato agli effetti delle correnti tensioni belliche rende probabile un rialzo dei tassi d’interesse. Queste politiche sono state già avviate negli USA e si fanno sempre più pressanti in Europa nonostante le attuali smentite della BCE.
Un rialzo dei tassi di interesse andrebbe sicuramente a colpire nell’immediato le aziende con margini economici più ridotti, dal momento che un aumento significativo degli oneri finanziari potrebbe fare la differenza tra un utile ed una perdita nel conto economico di fine anno.
Onestamente, almeno per quanto concerne le decisioni della BCE, appare improbabile un repentino e non annunciato rialzo dei tassi entro il 2022; d’altro canto è fondamentale che le imprese si facciano trovare pronte ed il presente articolo si propone di offrire al lettore alcuni spunti di riflessione in merito alle possibili azioni da intraprendere per mitigarne l’impatto. Inoltre, se in Europa l’aumento dei tassi appare ancora un’incognita, negli USA la FED ha già avviato questo processo; pertanto chi opera nel nuovo mondo è opportuno che prenda in considerazioni le possibili contromisure per limitare l’impatto delle spese aggiuntiva in termini di oneri finanziari.
In questo approfondimento vedremo:
Fermo restando che la capacità di programmare è una competenza distintiva per il successo aziendale a prescindere dalle previsioni sull’andamento dei tassi, appare evidente come in questa fase ci troviamo in una master class sul perché la programmazione debba essere orientata sia sulla base dei fattori interni all’impresa sia sugli elementi esogeni e completamente al di fuori del controllo aziendale. Infatti, se un’impresa è conscia di dover sostenere nuovi investimenti nel prossimo futuro, tenendo conto delle tempistiche medie con cui gli istituti disbrigano le pratiche di affidamento, va da se che aspettare in un contesto di tassi in crescita potrebbe voler dire dover sostenere significativi maggiori costi in termini di interessi sul debito. Attenzione, in questa sede stiamo facendo riferimento agli investimenti strategici, ossia quelli di cui un’impresa non può fare a meno senza rivedere tutta la propria strategia e che hanno quindi un impatto pluriennale. Determinare se sia opportuno o meno anticipare tali investimenti è onere della funzione controllo di gestione e del CFO, tramite un processo fondato sulla costruzione di appropriati set informativi sia interni che esterni all’azienda.
Chi negli ultimi anni ha finanziato la propria attività facendo ricorso a tassi variabili ha evidentemente concluso degli ottimi affari, dal momento che i prestiti a tasso variabile sono stati prossimi allo zero. Per confermarsi capaci di battere il mercato anche di fronte ad un rialzo dei tassi, sarà necessario convertire i prestiti a tassi variabili con quelli a tasso fisso prima che il rialzo sia già effettivo. Quindi qui subentra il tema relativo alle tempistiche più opportune per procedere al così detto “Swap”; tale decisione richiede una continua analisi del mercato e la necessità di monitorare le politiche intraprese dai principali player.
Fino a pochi anni fa per accedere al credito era pressoché obbligatorio passare per il sistema bancario ma, negli ultimi anni, sono sorte diverse realtà fintech che offrono canali alternativi per finanziarsi. Ad oggi, il limite di queste forme di finanziamento alternativo è da ricercarsi proprio nelle condizioni praticate, dal momento che queste risultano in genere più costose rispetto al canale tradizionale. Tuttavia, in un mondo con tassi in crescita, il posizionamento dei prodotti fintech potrebbe cambiare e sarà quindi opportuno seguirne l’evoluzione.
Il tema è molto delicato, soprattutto in un paese come l’Italia in cui per le PMI non c’è mai stata una vera e propria apertura al mercato dei capitali. D’altro canto, l’insorgere di un aumento dei costi del debito finirà per premiare (come sempre accade) gli imprenditori che sapranno adattarsi e coinvolgere nuovi investitori nel proprio progetto. Essere capaci di attirare risorse in termini di capitale aziendale, richiede un vero e proprio salto di mentalità che passa prima di tutto per la disclosure ai terzi di informazioni di diversa tipologia e natura.
Quando ci si trova di fronte alla possibile apertura di nuove fasi economiche è utile per le imprese raccogliere parerei da esperti indipendenti, così da prefigurare assieme i possibili nuovi scenari e valutare le possibili misure da mettere in campo. Negli ultimi venti anni sono nate numerose realtà che non hanno mai avuto la possibilità di confrontarsi con un mercato caratterizzato dalla crescita dei tassi d’interesse, queste potrebbero giovare grandemente dell’esperienza di chi ha già avuto modo di confrontarsi in un contesto differente.
In conclusione, ribadiamo come l’aumento dei tassi sul mercato non sembri rappresentare una minaccia nel brevissimo termine per i paesi dell’area euro; tuttavia è sempre opportuno farsi trovare pronti e per questo suggeriamo di controllare tutte le opzioni disponibili, parlare con un esperto del settore e, soprattutto, avere un atteggiamento coraggioso e proattivo nell’identificazione e prevenzione dei rischi attesi, così da garantire alla propria impresa il capitale di cui necessita nel modo più economico possibile.
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[1] Dati Eurostat gennaio 2022