Kalaway • 30 Aprile 2021

Indici di bancabilità: cominciamo dal DSCR!

Indici di bancabilità: cominciamo dal più importante, il DSCR!

Con l’evolversi della finanza, in seguito alle crisi economiche avute luogo nel primo decennio del 2000, gli istituti di credito hanno modificato radicalmente il loro iter di valutazione dei potenziali clienti, per effetto delle crescenti richieste da parte della Banca Centrale Europea (ECB) e dell’Autorità Bancaria Europea (EBA). In questo articolo vedremo in dettaglio:

  • Le nuove valutazioni sulle banche
  • Indici di bancabilità
  • L’indice DSCR: indice della sostenibilità del debito
    • DSCR: come si calcola
    • Formula semplificata
    • Formula DSCR: un’ulteriore variante 

Le nuove valutazioni sulle banche

Queste ultime richieste, infatti, in collaborazione con le autorità nazionali di vigilanza, hanno via via aumentato i controlli sulle banche sistemiche (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banco BPM e Monte dei Paschi quelle italiane) sottoponendole a valutazioni approfondite, allo scopo di analizzarne lo stato di salute finanziaria e la resistenza ad eventuali shock di natura macroeconomica e/o finanziaria. Queste valutazioni sono basate su due fasi distinte, rispettivamente un esame di qualità degli attivi (Asset Quality Review – AQR), vòlto ad aumentare la trasparenza degli istituti sulle proprie esposizioni e sull’adeguatezza delle proprie attività (e dei relativi accantonamenti a copertura dei rischi), ed in secondo luogo uno “stress test”, ovvero un’analisi per scenari, in cui viene monitorata la redditività e più in generale la tenuta della banca a seguito di un ipotizzato shock dell’economia.

Indici di bancabilità

Le grandi banche, a seguito di tali misure, si sono progressivamente allineate alle Istituzioni comunitarie, cominciando ad emulare internamente tali modelli valutativi, con riguardo ai propri dati di bilancio e a quelli delle aziende clienti. In particolar modo la seconda fase di analisi, quella cioè incentrata sugli effetti di probabili contrazioni economiche, ha messo in risalto l’importanza, per le banche, di mantenere costantemente monitorati alcuni indici chiave, in grado di predire la maggiore o minore resistenza dell’azienda ad uno shock (macro)economico.

Questi indicatori, derivanti dal rapporto tra dati attinti dal bilancio aziendale o dal sistema della Centrale Rischi, sono stati adottati largamente dagli Istituti finanziari, per la loro immediatezza ed accuratezza nel prevedere la sostenibilità dell’impresa in un dato orizzonte temporale.

In particolare, alcuni dei suddetti indici sono diventati, in sede di valutazione del merito creditizio, parte integrante del processo valutativo, venendo classificati come indici di bancabilità, e rappresentando, perciò, una “selezione all’ingresso”, in grado di determinare la possibilità o meno di accedere al credito da parte della società. Per tal motivo è importante che le aziende – gli imprenditori così come i CFO – siano pienamente informati sulla costruzione e i risvolti di questi indicatori, così da poter anticipare quanto più precisamente possibile l’esito della valutazione che potrebbe effettuare un dato istituto di credito.
Nonostante gli indici possano presentare caratteristiche differenti a seconda dell’istituto che ne fa uso, questi tendono tutti a concentrarsi su un aspetto chiave, ovvero sulla capacità dell’impresa di onorare il proprio debito (potenziale) con i flussi di cassa generati dalla sua attività caratteristica.  

L’indice DSCR: indice della sostenibilità del debito

Il principale tra questi indicatori è il DSCR (Debt Service Coverage Ratio), diffusosi largamente proprio a seguito dell’avvento degli AQR e degli Stress Test. Il DSCR mette in relazione il flusso di cassa generato dall’attività operativa in un dato periodo con la quota debito (capitale ed interessi) scadente entro il medesimo periodo. È pertanto un indice relativo ad un limitato periodo di tempo, e viene calcolato dalle banche per tutti i singoli anni di durata potenziale del finanziamento. Ciò che lo distingue nettamente dai più tradizionali indici desunti dal bilancio è la sua capacità di analizzare in maniera dinamica e prospettica (invece che statica) la capacità dell’azienda di onorare il debito assunto, e conseguentemente la sostenibilità finanziaria dei relativi piani di investimento e sviluppo.

DSCR: come si calcola

La formula classica del DSCR è la seguente:
In molti la propongono conteggiando anche i Leasing, sommandoli sia al numeratore che al denominatore. In questa formula, tuttavia, si è voluto evitare ridondanze, considerato che i Canoni di Leasing, in qualità di Costi per servizi (voce B7 del Conto Economico) sono già stati sottratti dal flusso operativo che compone l’EBITDA.

Formula semplificata

Nonostante questa sia la formula accademica, le banche ne utilizzano comunemente una versione semplificata, ovvero:
Gli istituti bancari tendono a preferire quest’ultimo metodo di calcolo in quanto tiene conto al numeratore soltanto di variabili economiche, escludendo le variazioni di Capitale Circolante Netto; queste possono, infatti, rappresentare una sostanziosa creazione di liquidità, associabile però a politiche di gestione dei crediti e debiti commerciali non propriamente auspicabili e sostenibili nel lungo termine (un esempio evocativo potrebbe essere rappresentato dai Debiti verso i Fornitori: l’azienda potrebbe continuare ad acquistare materie prime e servizi senza pagare le fatture, aumentando le proprie disponibilità liquide ma creando tensioni con i fornitori in questione).
Il valore assunto dal DSCR dovrebbe essere sempre superiore alla soglia minima di 1,1, sebbene per essere quanto più ottimale dovrebbe superare la soglia di 1,25.
Nell’ottica dell’Asset Quality Review, un calo dell’indice al di sotto della soglia di 1,1 dà origine ad un “impairment trigger”, con conseguente riclassificazione del debitore da “performing loan” a “underperforming loan” o “non-performing loan” ed accantonamenti largamente superiori a copertura delle eventuali perdite.
Considerato però che la presente analisi è incentrata sull’utilizzo dell’indice ex ante rispetto alla concessione del finanziamento, è sufficiente tenere ben presente la soglia di 1,1, o ancora meglio di 1,25, e cercare di non scendere mai al di sotto di essa.

Formula DSCR: un’ulteriore variante

Un’ ulteriore variante della formula tradizionale del calcolo del DSCR, utilizzata talvolta dagli istituti bancari, è quella che tiene conto, oltre che dei Debiti rateali verso le banche tipicamente previsti, anche dei Debiti tributari o contributivi scaduti o rateizzati, il cui pagamento scade nell’orizzonte temporale considerato. Una tale declinazione del DSCR è utile soprattutto nel caso in cui la banca si trovi ad avere a che fare con aziende con significativi Debiti fiscali o previdenziali non pagati entro le scadenze. In questo caso la formula diventerebbe:

Al netto delle diversità tra le varianti di calcolo del DSCR, ciò che appare evidente è il ruolo ricoperto dall’EBITDA, ovvero del flusso di cassa generato dalla gestione caratteristica: gli istituti di credito sono interessati più di tutto a capire se il core business aziendale sia in grado di sostenere gli impegni assunti dall’impresa, a prescindere dai risultati che possa portare la gestione extra-caratteristica. È dunque indubbia l’utilità di saper calcolare accuratamente l’EBITDA. A tal proposito se ne riporta il calcolo sulla base dell’Asset Quality Review (Phase 2 Manual) della Banca Centrale Europea:

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